“Mi ha lasciato”… “Il mio cane è morto”… “Mi hanno licenziato”.
Nella pratica psicologica e anche nella vita di tutti i giorni, il concetto di coping e di “stile di coping” è uno tra quelli che si trovano più comunemente. Il termine Coping è stato introdotto in psicologia nel 1966 la R. Lazarus con l’opera “Psychological stress and the coping process”.
Questo concetto indica l’insieme delle strategie cognitive e comportamentali che possono essere messe in atto da una persona per fronteggiare una situazione di stress.
Si tratta quindi di ciò che un individuo fa effettivamente per affrontare una situazione stressante, difficile e dolorosa per la quale non è preparato, sia al modo in cui si adatta emotivamente a tale situazione. Si fa riferimento dunque al modo in cui ciascuno di noi gestisce i propri problemi e le proprie emozioni, ed in particolare al nostro tentativo di ripristinare una situazione di benessere psicologico ormai perduta. Mi riferisco per esempio ad eventi non normativi come un lutto, ad una separazione, a un licenziamento, ma anche a situazioni di natura normativa.
Alcune risposte di coping attivo centrato sul problema consistono in:
• pianificazione e progettazione: ci si prende del tempo per pianificare e progettare le fasi con cui fronteggiare l’evento stressante;
• ricerca attiva di supporti operativi: si ricorre alle risorse (persone, informazioni..) disponibili nel proprio ambiente a fornirci sostegno;
Rientrano nella categoria di coping attivo centrato sull’emozione:
• la ristrutturazione cognitiva: consiste nell’attribuire un’interpretazione diversa a quanto ci sta accadendo;
• la ricerca attiva di supporti emotivi: ci si rivolge a familiari, amici o semplici conoscenti per avere un sostegno emotivo e per sentirsi meno soli/spaventati
• l’accettazione: consiste nel diventare consapevoli di quanto sta accadendo e inserirlo nella storia della propria esistenza. Nel caso dell’accettazione gli eventi stressanti solitamente consistono nella perdita di una persona cara o del lavoro;
• l’attribuzione di significati positivi: è il caso di persone molto credenti che interpretano quanto sta accadendo come un segno di fede
Le principali risposte di coping evitante centrato sul problema, invece, consistono in:
• evitamento del problema: quando l’evento è molto stressante rappresenta la forma di risposta più efficace in assoluto, in quanto permette alla persona di tenere sotto controllo le emozioni;
• desistenza comportamentale: consiste nel non farsi agganciare tramite automatismi o abitudini
negative dalla situazione disagevole.
Infine, le principali risposte di *coping evitante centrato sull’emozione*:
• la negazione: consiste nel negare che quanto accaduto ci stia realmente accadendo;
• il disimpegno mentale: si tende ad occuparsi d’altro per non pensare al problema che ci affligge;
• l’isolamento sociale: ci si ritira per concentrarci su ciò che si desidera che accada.
Non esiste uno stile di coping giusto ed uno sbagliato. Alcuni recenti studi espongono come l’uso continuato di coping basato sull’evitamento possa fungere da fattore di rischio (per esempio danneggiando la rete sociale), mentre quello combinato attivo, centrato sia sul problema che sull’emozione, possa consentire un risultato più adattivo.
Nonostante questo, ogni stile di coping ha lo scopo di aiutarci a fronteggiare una situazione di disagio e ridurre il dolore che questa ci procura.
Lo stile di coping che si sceglie per affrontare le nostre situazioni stressanti dipende sia dalle differenze individuali (per esempio dal nostro locus of control, di cui parlerò prossimamente), sia dagli aspetti ambientali (per esempio l’apprendimento e le risorse che ci offre l’ambiente in cui viviamo).
Per questa ragione gli stili di coping possono essere suggeriti ed appresi, anche tramite esercizi che lo psicologo può consigliarci, aiutandoci a monitare e gestire le nostre emozioni nelle fasi dolorose e transizionali della nostra vita.